Buco Nero. La prima foto.

Scritto da Gilberto Maltinti

2 Settembre 2021

Scattata la prima foto di un buco nero grande come 6 miliardi di soli.

L’Event Horizon Telescope (Eht) è un gruppo di otto radiotelescopi da terra che opera su scala planetaria, nato grazie a una collaborazione internazionale e progettato con lo scopo di catturare le immagini di un buco nero.

Ad aprile del 2019 i ricercatori dell’Eht hanno annunciato il successo del loro progetto mostrando la prima prova visiva diretta mai ottenuta di un buco nero e della sua ombra.

Che cosa è un buco nero ? In astrofisica un buco nero è un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire né la materia, né la radiazione elettromagnetica, ovvero una regione dello spazio-tempo avente una curvatura sufficientemente grande, relativisticamente parlando, che nulla dal suo interno può uscirne, nemmeno la luce.

La velocità di fuga da un buco nero risulta superiore alla velocità della luce, ma poiché tale velocità è un costante dal limite insuperabile nessuna particella di materia o radiazione può allontanarsi da quella regione (fonte Wikipedia)

Eht cosa ha fatto per ottenere questa foto? Ha collegato 8 telescopi.

L’Eht cosa ha fatto esattamente per ottenere questa foto?

Ha collegato gli otto radiotelescopi sparpagliati in diverse parti del mondo dando vita a un unico telescopio virtuale di dimensioni pari a quelle della Terra.

«Quello che stiamo facendo è dare all’umanità la possibilità di vedere per la prima volta un buco nero – una sorta di ‘uscita a senso unico’ dal nostro universo», spiega il direttore del progetto Eht Sheperd Doeleman del Center for Astrophysics della Harvard University.

«Questa è una pietra miliare nell’astronomia, un’impresa scientifica senza precedenti compiuta da un team di oltre 200 ricercatori».

«Se immerso in una regione luminosa, come un disco di gas incandescente, ci aspettiamo che un buco nero crei una regione scura simile a un’ombra, un effetto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein che non abbiamo mai potuto osservare direttamente prima», aggiunge il presidente dell’Eht Science Council Heino Falcke della Radboud University, nei Paesi Bassi.

«Quest’ombra, causata dalla curvatura gravitazionale e dal fatto che la luce viene trattenuta dall’orizzonte degli eventi, rivela molto sulla natura di questi affascinanti oggetti e ci ha permesso di misurare l’enorme massa del buco nero di M87».

Enorme quantità di dati RAW grezzi misurabile in milioni di gigabyte.

Le osservazioni dell’Eht sono state possibili grazie alla tecnica nota come Very-Long-Baseline Interferometry (Vlbi) che sincronizza le strutture dei telescopi in tutto il mondo e sfrutta la rotazione del nostro pianeta per andare a creare un enorme telescopio di dimensioni pari a quelle della Terra in grado di osservare ad una lunghezza d’onda di 1,3 mm.

I telescopi che hanno contribuito a questo risultato sono stati Alma, Apex, il telescopio Iram da 30 metri, il telescopio James Clerk Maxwell, il telescopio Alfonso Serrano, il Submillimeter Array, il Submillimeter Telescope e il South Pole Telescope.

L’enorme quantità di dati RAW grezzi misurabile in milioni di gigabyte ottenuta dai telescopi è stata poi ricombinata da supercomputer altamente specializzati ospitati dal Max Planck Institute for Radio Astronomy e dal Mit Haystack Observatory.

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«L’Eso ha l’onore di aver contribuito in modo significativo a questo risultato attraverso la sua leadership europea e il suo ruolo chiave in due dei telescopi componenti di Eht, che si trovano in Cile – Alma e Apex», sostiene il direttore generale dell’Eso Xavier Barcons.

«Alma è la struttura più sensibile dell’Eht e le sue 66 antenne ad alta precisione sono state fondamentali per questo successo», sostiene Ciriaco Goddi, segretario del consiglio scientifico del consorzio Eht

Ma questa è veramente una fotografia? Oppure no? spieghiamo il perché.

Questa non è propriamente una fotografia, nel senso stretto del termine. Se per fotografia si intende quella che faacciamo quotidianamente noi: si scatta con una macchina fotografica che ha un sensore che raccoglie luce visibile ai nostri occhi.

“I termini ‘foto’, ‘immagine’, ‘vediamo’, ‘vedere’, rendono l’idea ma non sono proprio corretti – spiega Daria Guidetti dell’Inaf, radioastronoma all’Istituto di Radioastronomia di Bologna – le onde radio che gli otto radiotelescopi hanno raccolto non sono visibili all’occhio umano perché, all’interno dello spettro delle onde elettromagnetiche, cadono al di fuori della luce che possiamo percepire con gli occhi, cioè i colori dell’arcobaleno.

Se andassimo lì vicino (a distanza di sicurezza) non vedremmo quell’immagine lì con i nostri occhi”.

 

Sitografia

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